La nostra Strenna di Capo d’Anno Per l’anno che verrà
Scritto il 1 Gennaio 2021
I nostri auguri “per l’anno che verrà” si rifanno alla tradizione nata nell’Ottocento del libro strenna in Inghilterra, queste preziose edizioni, le cui copertine sono un vero e proprio viaggio nella storia dell’arte, venivano stampate prima del Capodanno ed erano offerte come dono di buon auspicio per il nuovo anno. Tradizione che ha attraversato i secoli ma che ha origine nel mondo antico. Il 1° gennaio, nel giorno dedicato al dio bifronte Giano, i cui due volti guardano verso il futuro e il passato, e da cui trae il nome questo mese, gli antichi romani, come augurio per l’anno nuovo, si scambiavano vasi con miele, datteri o fichi circondati da ramoscelli di alloro, che provenivano da un bosco consacrato alla dea Strenia.
Ovviamente la nostra “Strenna di Capo d’Anno” è in versione online e diventa dono prezioso, non per la vesta grafica, ma per il messaggio di condivisione che la civiltà contadina ci tramanda attraverso i ricordi e le ricette che Teresina Enrico ci racconta e descrive con amore verso tempi passati, ma da cui c’è molto da apprendere. Con quattro racconti e quattro ricette conosciamo una fondamentale tradizione: la macellazione del maiale e scopriamo quanto la cultura contadina è contrapposta agli odierni allevamenti intensivi di suini. Alla cura di un unico maiale si dedicava tutta la famiglia e se per un imprevisto fosse morto prima del tempo della macellazione sarebbe stata una gravissima sventura.
Nella cruda e appassionata descrizione di Teresina Enrico della “Scanura” si rivivono i giorni in cui il maiale dopo la macellazione veniva lavorato per essere la “dispensa” di carne per tutto l’anno. “Era una scena brutale ma che tutti sapevamo inevitabile e accettavamo senza ipocrisia. Come pure quella, immediata, della raccolta del sangue, da usare poi per varie preparazioni, scanura compresa.” Nella ricetta della “Buseca” (la trippa) scopriamo quanto questo piatto sia l’“omaggio formidabile ai comandamenti contadini… comandamento n.1 della civiltà contadina: che si ricavi cibo da ogni elemento naturale adatto e disponibile. Comandamento n. 2: che il cibo sia buono”. Nella ricetta della “Turta ad sang” si comprende che “Era buonissima, e speciale perché compariva in tavola una sola volta all’anno, quando si ammazzava il maiale.” E nel “Salam an bagna” si ritrova la saggezza contadina “il salam bun era la Ferrari dei salumi, perché buonissimo e facile da conservare, sotto grasso.”
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